Fino a oggi, l’accesso ai sistemi di gestione documentale Tier 2 si basa prevalentemente su ruoli statici e policy di autorizzazione fisse, insufficienti di fronte a minacce dinamiche e contesti operativi complessi. Il Tier 2 fornisce una solida base con controllo basato sui ruoli, ma non integra variabili contestuali come dispositivo, posizione, orario o comportamento utente, creando vulnerabilità in ambienti ibridi e digitali avanzati. La soluzione risiede nell’introduzione del Dynamic Access Control (DAC), un livello tecnico che integra policy contestuali in tempo reale, trasformando l’autorizzazione da statica a situazionale, garantendo così un livello di sicurezza superiore e conforme alle esigenze del moderno enterprise italiano.
Il controllo dinamico dei privilegi va oltre la semplice verifica del ruolo: valuta in tempo reale fattori come dispositivo certificato (device_id), posizione geografica (geolocation), app utilizzata, orario di accesso e comportamento utente (machine learning su pattern). Questa integrazione richiede un’architettura distribuita con un Authorization Engine avanzato, composto da Policy Decision Point (PDP) e Policy Enforcement Point (PEP), capaci di valutare e applicare policy contestuali con bassa latenza e alta disponibilità.
La transizione da Tier 1 a Tier 3 non è solo un upgrade tecnico, ma una trasformazione architetturale che richiede integrazione con directory legacy (LDAP/Active Directory), middleware di adattamento per attributi contestuali e layer di autenticazione multifattoriale dinamica (MFA). Ogni componente deve operare in sincronia, con politiche gerarchiche che rispettano priorità: le regole statiche (ruoli) vengono sovrascritte solo se le condizioni contestuali (es. accesso da rete esterna fuori orario lavorativo) non sono soddisfatte.
Analisi preliminare del contesto di accesso: il fondamento del Dynamic Access Control
Il primo passo critico è la definizione di un modello di contesto granulare e affidabile, in grado di raccogliere attributi dinamici in tempo reale. Il sistema deve integrare dati da più fonti: directory aziendali (Active Directory), identificatori di dispositivo (device_id), geolocation GPS o IP geolocalizzata, app utilizzate (app_used), e comportamenti utente tracciati tramite session logging. Questi attributi vengono normalizzati e arricchiti con metadati: ad esempio, il device_id viene mappato a un profilo di fiducia, la geolocation confrontata con l’orario lavorativo e la posizione geografica aziendale, mentre la session app_used è correlata a ruoli attivi e livelli di accesso.
Un middleware dedicato funge da ponte tra fonti eterogenee, applicando regole di validazione e trasformazione in tempo reale. Per esempio, un attributo legacy come “device_name” viene convertito in un campo “device_profile” con valore “certificato” o “non certificato” in base alla policy di sicurezza attiva. Questa fase è essenziale: senza un mapping preciso e automatizzato, il DAC non può operare con effettiva consapevolezza contestuale.
| Attributo | Fonte | Formato e Validazione | Ruolo nel DAC |
|---|---|---|---|
| device_id | LDAP/AD | Mappatura a dispositivo certificato/non certificato | Priorità alta: accesso negato se dispositivo non conforme |
| geolocation | IP geolocation + GPS | Confronto con orario lavorativo e zona aziendale | Blocco accesso se fuori zona o orario non autorizzato |
| app_used | Log di sessione | Verifica compatibilità con policy per app critiche | Blocco o limitazione accesso se app non approvata |
| ora accesso | orario sistema | confronto con orario autorizzato per ruolo e posizione | autorizzazione negata se fuori orario lavorativo |
| user_behavior_score | analisi comportamentale ML | valutazione dinamica di fiducia utente | rischio elevato → accesso limitato o richiesta MFA aggiuntiva |
Questi dati contestuali alimentano il PDP, che decide in tempo reale se concedere, negare o richiedere ulteriore autenticazione, basandosi non solo sul ruolo ma su una combinazione di fattori dinamici.
Progettazione dell’Authorization Engine distribuito: architettura modulare per policy contestuali in tempo reale
L’Authorization Engine (AE) è il cuore del DAC, un sistema distribuito e scalabile che esegue la logica di valutazione policy con bassa latenza e alta affidabilità. La sua architettura si basa su due componenti principali: il PDP, responsabile della valutazione e del ragionamento policy, e il PEP, responsabile dell’applicazione effettiva delle decisioni sul campo. Tra essi, un broker di policy e un motore di correlazione gestiscono il flusso di richieste, arricchendole con dati contestuali in tempo reale.
Il PDP utilizza policy espressive, per esempio in formato XACML esteso o policy JSON custom con supporto a operatori booleani, temporali e di contesto, permettendo regole come “Accesso consentito solo da dispositivi certificati (device_profile = certificato), tra le 9:00 e 17:00, in sede aziendale (geolocation = sede), se l’app_used è critica e user_behavior_score > 80”. Il PEP, invece, intercetta ogni richiesta, raccoglie i dati contestuali tramite agent dedicati (monitoring agent), li invia al PDP e applica la policy con cache intelligente: risultati simili richiesti più volte vengono memorizzati in cache per ridurre carico e aumentare reattività.
- Fase 1: raccolta e arricchimento dati contestuali
- Agent di monitoraggio raccolgono device_id, geolocation, app_used, timestamp
- Dati importati in formato normalizzato e validati
- Mappatura attributi legacy a profili di fiducia
- Fase 2: valutazione policy contestuale
- PDP riceve richiesta + dati contestuali
- Applicazione regole dinamiche con valutazione ML per user_behavior_score
- Generazione decisione: Authorized, Denied, Challenge (MFA aggiuntiva)
- Fase 3: applicazione policy e logging
- PEP applica risultato, registra audit trail con attributi completi
- Eventi critici inviati al SIEM per correlazione anomalie
L’engine supporta anche il caching distribuito tramite Redis per decisioni frequenti e la precomputazione di policy ricor
